Il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri   (codice   fiscale
80188230587)  rappresentato  e  difeso,  ex   lege,   dall'Avvocatura
generale dello Stato (codice fiscale 80224030587 - fax 06/96514000  -
pec  ags_m2@mailcert.avvoctaurastato.it.)  presso  la  quale  ha   il
proprio domicilio in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12,  ricorrente
nei confronti della Regione Campania, in persona del presidente della
giunta  regionale  p.t.,  resistente,   per   la   dichiarazione   di
illegittimita' costituzionale della legge della Regione  Campania  18
febbraio 2013, n. 1 (articoli 4, 5  e  11  comma  2)  pubblicata  nel
B.U.R. n. 12 del 25 febbraio 2013,  recante  «Cultura  e  diffiesione
dell'energia solare in Campania». 
    La legge regionale in epigrafe che detta disposizioni  in  merito
alla cultura  e  alla  diffusione  dell'energia  solare,  presenta  i
seguenti profili di illegittimita' costituzionale: 
Art. 4 della legge della Regione Campania 18 febbraio 2013, n. 1: 
        a)  l'art.  4  della  legge  regionale  Campania  n.   1/2013
intitolato «Nuovi impianti termoelettrici da fonte fossile e nucleari
nel Piano energetico  nazionale»  prevede  che  «Nel  rispetto  delle
competenze  Stato-regioni  in  materia  di  produzione,  trasporto  e
distribuzione dell'energia previste dalla Costituzione e dalle  leggi
statali, la regione, a partire dal 2013, sceglie di coprire i  propri
fabbisogni energetici del  Piano  energetico  regionale  con  energia
solare, rispetto agli impianti termoelettrici  e  da  fonte  fossile;
fanno eccezione gli impianti di origine geotermoelettrica o da  maree
per i quali occorre adeguata valutazione di impatto ambientale». 
    La disposizione regionale cosi' formulata eccede, a  ben  vedere,
la competenza della regione in materia di  «produzione,  trasporto  e
distribuzione nazionale dell'energia», di cui all'art. 117, comma  3,
della Costituzione, e cio' per contrasto con la normativa statale  di
principio di cui alla legge 9 aprile 2002, n. 55, di  conversione  in
legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 febbraio  2002,  n.  7,
recante  misure  urgenti  per  garantire  la  sicurezza  del  sistema
elettrico nazionale. 
    L'art. 1, della citata legge  n.  55/2002,  infatti,  attribuisce
alla competenza  statale  il  rilascio  dell'autorizzazione  per  gli
impianti   superiori   a   300   MWt,   riconoscendo   alla   regione
territorialmente  interessata   dall'opera,   attraverso   l'istituto
dell'intesa  «forte»   sull'atto   finale,   un   diritto   di   veto
all'iniziativa energetica. 
    La  disciplina  dell'autorizzazione  e  della   relativa   intesa
regionale, prevista  dalla  normativa  statale,  si  qualifica  quale
principio  fondamentale  in  materia  di  «produzione,  trasporto   e
distribuzione nazionale dell'energia»,  in  quanto  risulta  ispirata
alle regole della semplificazione amministrativa e della celerita' al
fine di garantire  una  disciplina  uniforme  sull'intero  territorio
nazionale. 
    Cio' premesso, in ossequio alla  previsione  di  cui  all'art.  4
della legge in esame, la regione, a partire  dall'anno  2013,  avendo
scelto di coprire il proprio fabbisogno energetico  attraverso  l'uso
dell'energia  solare,  decreta  di  fatto  un  divieto  assoluto   di
installazione, nell'intero territorio regionale,  di  nuovi  impianti
alimentati a fonti convenzionali. Con la  conseguenza  che  tutte  le
procedure  autorizzatorie  che  attivera'  lo  Stato   sui   progetti
alimentati  a  fonti  convenzionali  non  potranno  che   concludersi
negativamente a prescindere da una specifica istruttoria, ponendo nel
nulla la legislazione statale. 
    Di talche', nel caso di nuove istanze presentate ai  sensi  della
legge   n.   55/2002,   per   la   realizzazione    delle    centrali
termoelettriche, l'esecutivo regionale campano  sarebbe  vincolato  a
negare l'intesa «forte» prevista dalla legge, proprio in  virtu'  del
fatto che la  previsione  in  parola  individua  nell'energia  solare
l'unica  fonte  cui  ricorrere  per  la  copertura   del   fabbisogno
energetico. 
    Ne'  vale   ad   escludere   illegittimita'   costituzionale   la
circostanza  secondo  cui  i  fabbisogni   energetici   sono   quelli
individuati da un atto avente natura meramente programmatica qual  e'
il Piano energetico regionale. 
    La previsione regionale in esame presenta un ulteriore profilo di
illegittimita' costituzionale. 
    Infatti, la previsione di un'intesa negativa,  quale  conseguenza
inevitabile  della  scelta  di  coprire   i   fabbisogni   energetici
esclusivamente con energia solare,  costituisce,  nel  concreto,  una
sorta divieto aprioristico, generalizzato e  indiscriminato,  che  si
pone  in   palese   contrasto   con   principi   di   sussidiarieta',
ragionevolezza e leale collaborazione, di cui al  combinato  disposto
degli articoli 3, 117 e 118 Cost. 
    La disposizione regionale, tra l'altro, sembra mostrare ulteriori
profili di incostituzionalita' per vizio di incompetenza,  in  quanto
invasiva dell'ambito di competenza legislativa esclusiva  statale  in
materia di «tutela della concorrenza», di cui all'art. 117, comma  2,
lettera e), Cost. 
    La disciplina in esame,  infatti,  e'  suscettibile  di  incidere
sull'assetto  del  mercato  -  quindi,  esorbitante  dall'ambito   di
competenza regionale -  laddove  il  divieto  in  precedenza  esposto
pregiudica un libero accesso al  mercato  dell'energia,  creando  una
situazione  di  artificiosa  alterazione  della  concorrenza  fra  le
diverse  aree  del  Paese  (e  tra  i  diversi  modi  di   produzione
dell'energia). 
    La disposizione de qua, inoltre, viola l'art. 11 e 117, comma  1,
della Costituzione e cio' per contrasto  con  quanto  previsto  dalla
direttiva n. 2009/2/CE, secondo  cui  per  la  costruzione  di  nuovi
impianti di generazione, gli  Stati  membri  adottano  una  procedura
autorizzatoria  informata,  tra   l'altro,   al   criterio   di   non
discriminazione. 
    In  particolare,  il  divieto  di  localizzare   nel   territorio
regionale nuovi impianti a fonti convenzionali,  considerato  che  la
copertura dei fabbisogni energetici  dovra'  avvenire  attraverso  la
sola fonte solare, si traduce in una discriminazione di una categoria
specifica di  operatori  economici.  L'impossibilita'  di  installare
nuovi impianti alimentati a  fonte  convenzionale  all'interno  della
Regione Campania  si  concretizza  in  una  violazione  dei  principi
comunitari della libera circolazione del servizio  di  produzione  di
energia elettrica e della liberta' di stabilimento di quelle  imprese
che intendano  insediarsi  nel  relativo  territorio  ai  fini  dello
svolgimento di un'attivita' liberalizzata. 
    A tale proposito, si evidenzia, tra l'altro, che l'effetto voluto
dalla  previsione  regionale,   di   impedire   il   rilascio   delle
autorizzazioni alla costruzione e all'esercizio degli impianti  sopra
richiamati    (termoelettrici),    si    traduce,     in     pratica,
nell'impossibilita',  da  parte  degli  operatori  di   settore,   di
presentare nuove  istanze  per  il  rilascio  dell'autorizzazione  in
parola. Cio', in netto contrasto con  il  principio  di  liberta'  di
iniziativa economica di cui all'art. 41 Costituzione, nonche' con  il
principio  di  liberalizzazione  delle   attivita'   di   produzione,
importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia  elettrica,
cui all'art. comma 1, del decreto legislativo del 16 marzo  1999,  n.
79 «Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni  per  il
mercato interno dell'energia elettrica»; 
Art. 5 della legge della Regione Campania 18 febbraio 2013, n. 1: 
        b)  l'art.  5  intitolato  «Piani  di  dismissione   impianti
termoelettrici e reti alta tensione» prevede che «In coerenza con gli
obiettivi  previsti  dall'art.  4,  e'  programmato   un   piano   di
dismissione degli attuali impianti di  produzione  termoelettrica  da
fonte fissile e la riduzione della importazione regionale di energia,
mediante un piano di dismissione delle reti elettriche a 380 Kw  e  a
220 Kw,  recuperando  il  territorio  da  esse  elettromagneticamente
inquinato». 
    In primo luogo, l'articolo sopra richiamato, eccede la competenza
della regione in materia di «Produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale  dell'energia»,  di  cui  all'art,  117,  comma  3,   della
Costituzione, e cio'  per  contrasto  con  la  normativa  statale  di
principio di cui alla legge 9 aprile 2002, n. 55, di  conversione  in
legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 febbraio  2002,  n.  7,
recante  misure  urgenti  per  garantire  la  sicurezza  del  sistema
elettrico nazionale. 
    Inoltre, risultano violati i  principi  fondamentali  in  materia
energetica di cui all'art. 3 del decreto legislativo n.  79/1999,  ed
all'art.   1-sexies   del   decreto-legge   n.    239/2003    recante
«semplificazione dei  procedimenti  di  autorizzazione  per  le  reti
nazionali di trasporto dell'energia» come modificato dalla  legge  23
agosto 2004, n. 239 e, da ultimo, dalla legge 23 luglio 2009, n. 99. 
    Procedendo con ordine, si  rileva  che  la  legge  regionale  non
subordina  l'emissione  del  piano  di  dismissione  degli   impianti
esistenti alla preventiva (e  necessaria)  fase,  prevista  dall'art.
1-quinques, comma 1, del decreto-legge n. 239/2003,  convertito,  con
modificazioni, nella legge n. 290/2003, della «definitiva messa fuori
servizio dell'impianto» di competenza, peraltro,  di  amministrazioni
statali nel caso di impianti superiori ai 300 MWt. 
    Infatti,  secondo  l'art.  1-quinquies   del   decreto-legge   n.
239/2004, convertito, con modificazioni,  nella  legge  n.  290/2003,
«gli impianti di generazione di energia elettrica di potenza nominale
maggiore di 10 MVA sono mantenuti in stato di perfetta efficienza dai
proprietari o dai titolari dell'autorizzazione e possono essere messi
definitivamente  fuori   servizio   secondo   termini   e   modalita'
autorizzati dall'amministrazione competente, su conforme  parere  del
Ministero delle attivita' produttive,  espresso  sentito  il  Gestore
della rete di trasmissione nazionale in merito al programma temporale
di messa fuori servizio». 
    Per  quanto  riguarda  il  «piano  di  dismissione   delle   reti
elettriche a 380 Kw e a 220 Kw, recuperando  il  territorio  da  esse
elettromagneticamente inquinato», richiamato dall'articolo in  esame,
si fa presente  che  le  linee  elettriche  a  380  KV  e  a  220  KV
attualmente in esercizio sul territorio della regione Campania,  sono
di  proprieta'  dalla  societa'  Terna  S.p.A.,  concessionaria   del
servizio di trasmissione e dispacciamento dell'energia elettrica  sul
territorio nazionale e, quindi,  ricomprese  nell'ambito  della  Rete
nazionale di trasmissione elettrica (RTN). 
    In  proposito,  l'attuale  disciplina   del   sistema   elettrico
contenuta nel decreto legislativo n. 79/1999 riserva al gestore della
Rete  di  trasmissione  nazionale  l'esercizio  delle  attivita'   di
trasmissione e dispacciamento dell'energia elettrica, ivi compresa la
gestione  unificata  della  Rete  di  trasmissione  nazionale   (RTN)
composta, quest'ultima, da  linee  elettriche  ad  alta  e  altissima
tensione (cfr. art. 3, comma 1). 
    Tale attivita' e' svolta dalla societa' Terna S.p.a. in regime di
concessione  amministrativa  ex  art.  3,  comma   5,   del   decreto
legislativo  n.  79/1999,  la  quale  disciplina,  tra  l'altro,   le
competenze di programmazione e sviluppo della  rete  di  trasmissione
nazionale spettanti al medesimo gestore e funzionali al perseguimento
di un efficace e unitaria gestione della rete.  Tali  competenze,  da
ultimo, sono state affermate anche nella  disposizione  dell'art.  36
del decreto legislativo n. 93/2011 (di recepimento della direttiva 13
luglio  2009,  n.  2009/72/CE)   che   prevede,   tra   l'altro,   la
predisposizione su base annua da parte del Gestore  di  un  Piano  di
sviluppo della Rete di trasmissione nazionale approvato dal Ministero
dello  sviluppo  economico,  previa  valutazione  dell'Autorita'  per
l'energia elettrica e il gas ed acquisizione dei pareri delle regioni
interessate. 
    Pertanto, e' evidente che nessuna  competenza  programmatoria  in
materia di dismissione di elettrodotti ricompresi  nell'ambito  della
Rete di trasmissione nazionale puo' essere attribuita alle regioni in
quanto tale competenza rientra nella esclusiva sfera di competenza  e
nei poteri spettanti al Gestore della rete, secondo  quanto  previsto
dalla normativa  statale  di  settore.  Peraltro,  le  competenze  in
materia di autorizzazione  alla  costruzione  e  all'esercizio  degli
elettrodotti ricompresi nell'ambito della RTN,  e'  devoluta  in  via
esclusiva  allo  Stato  ai  sensi  del  citato  art.   1-sexies   del
decreto-legge n. 239/2003 come modificato dalla legge 23 agosto 2004,
n.  239.  Tale  disposizione,  in  forza  della  clausola   contenuta
nell'art. 1 della legge  n.  239/2004  («sono  principi  fondamentali
della normativa statale in materia  energetica,  ai  sensi  dell'art.
117, terzo comma, della Costituzione,  quelli  posti  dalla  presente
legge») riveste carattere di principio fondamentale  dell'ordinamento
e, quindi, inderogabile. 
    In particolare, il comma 1 del decreto-legge n. 239/2003  prevede
che «la costruzione e l'esercizio degli  elettrodotti  facenti  parte
della  Rete  nazionale  di  trasporto  dell'energia  elettrica   sono
attivita'  di  preminente  interesse  statale  e  sono  soggetti   ad
un'autorizzazione unica comprendente tutte le  opere  connesse  e  le
infrastrutture indispensabili all'esercizio degli stessi,  rilasciata
dal Ministero delle attivita' produttive di concerto con il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e previa  intesa  con  la
regione o le regioni interessate». 
    Ne deriva, conseguentemente, l'illegittimita' del citato  art.  5
della legge regionale  n.  1/13  che,  nell'attribuire  alla  Regione
Campania competenze programmatorie in materia di dismissione di linee
elettriche ricomprese nella RTN, implicitamente si pone in violazione
del citato art. 1-sexies del decreto-legge n. 239/2003. 
    Si rileva, tra l'altro, che la costruzione  e  l'esercizio  degli
elettrodotti RTN  e'  effettuata  in  osservanza  delle  disposizioni
statali in materia di  elettromagnetismo  e,  in  particolare,  della
legge 22 febbraio 2001, n. 36, recante principi fondamentali in  tema
di tutela dalla popolazione dagli effetti derivanti dalla esposizione
ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici. In particolare, il
decreto del Presidente del Consiglio  dei  Ministri  8  luglio  2003,
nell'attuare la citata legge, fissa idonei limiti  di  esposizione  e
valori di attenzione per l'esercizio  degli  elettrodotti  esistenti,
nonche' gli obiettivi di  qualita'  per  la  progettazione  di  nuovi
elettrodotti. 
    Piu' in particolare, si ritiene opportuno ricordare che la Corte,
in piu' occasioni, ha, peraltro, escluso la possibilita' di  autonome
previsioni legislative regionali volte a definire criteri tecnici  in
materia energetica (sentenze n. 103 del 2006, n. 336 del 2005 e n.  7
del 2004). Tra l'altro, in materia di emissioni elettromagnetiche, e'
stata  riconosciuta  la  legittimita'  della  fissazione,  in  ambito
nazionale, di valori-soglia non derogabili dalle Regioni (sentenza n.
307 del 2003), cosi' come si e' precisato che i criteri localizzativi
e  gli  standard  urbanistici  fissati  a  livello   locale   debbono
rispettare  «le  esigenze  della   pianificazione   nazionale   degli
impianti» (sentenza n. 307 del 2003). 
    Pertanto, anche sotto tale profilo la censurata disposizione deve
ritenersi  illegittima  e  in  palese  contrasto   con   i   principi
fondamentali della materia. 
    A ben vedere, pertanto, il piano di dismissione  degli  impianti,
cosi' come previsto dalla legge regionale in esame, oltre  ad  essere
redatto  da  un'Autorita'  palesemente   incompetente,   risulterebbe
sottratto alla disciplina statale di riferimento. 
    I vizi di  costituzionalita'  sopra  prospettati  si  evidenziano
assai piu' nitidamente anche alla  luce  della  giurisprudenza  della
Corte costituzionale nella materia de qua, la  quale  ha  piu'  volte
affermato che lo Stato, nell'esercizio ditale competenza - al fine di
dettare, su tutto il territorio nazionale, una disciplina unitaria ed
omogenea che superi gli interessi locali e regionali  -  ha  adottato
una propria normativa, stabilendo «standard minimi di  tutela»  volti
ad assicurare - come anche, di recente, si e' ribadito -  una  tutela
«adeguata e non  riducibile  dell'ambiente»,  «non  derogabile  dalle
regioni» (da ultimo, Corte costituzionale sentenza n. 187 del  2011),
neppure se a statuto  speciale,  o  dalle  province  autonome  (Corte
costituzionale sentenza n. 234 del 2010). 
    In merito a tali aspetti si segnala,  inoltre,  che  risulterebbe
leso, altresi', il principio di legittimo  affidamento  dei  soggetti
proprietari degli impianti coinvolti dal predetto  piano  dismissione
che si  vedrebbero  investiti  da  una  decisione  unilaterale  della
regione, anche in spregio alle liberta'  economiche  garantite  dalla
Costituzione e dall'Unione europea. E' principio consolidato  infatti
che «l'intervento legislativo diretto a regolare situazioni pregresse
e'  legittimo  a  condizione  che   vengano   rispettati   i   canoni
costituzionali di ragionevolezza e i principi generali di tutela  del
legittimo affidamento  e  di  certezza  delle  situazioni  giuridiche
[...]. La norma successiva non puo', pero', tradire l'affidamento del
privato  sull'avvenuto  consolidamento  di  situazioni   sostanziali»
(Corte costituzionale, sentenza n. 124/2010 e n. 24/1999)  e  che  le
disposizioni  legislative  «...  non   possono   trasmodare   in   un
regolamento irrazionale ed arbitrariamente incidere sulle  situazioni
sostanziali poste in essere da  leggi  precedenti,  frustrando  cosi'
anche l'affidamento del  cittadino  nella  sicurezza  giuridica,  che
costituisce elemento fondamentale ed indispensabile  dello  Stato  di
diritto ...» (Corte costituzionale, sentenza n. 349 del 1985); 
Art. 11, comma 2 della legge della Regione Campania 18 febbraio 2013,
n. 1: 
        c) l'art. 11 intitolato «Piani  energetici  solari  comunali»
comma 2 eccede la competenza della regione in materia di «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»,  di  cui  all'art.
117, comma 3,  della  Costituzione,  e  cio'  per  contrasto  con  la
normativa statale di principio di cui le disposizioni  contenute  nel
decreto legislativo n.  79/1999  che,  nel  disciplinare  l'esercizio
dell'attivita' di distribuzione di energia elettrica  sul  territorio
nazione, prevede la stessa sia esercitata in ciascun ambito  comunale
da  soggetti  assegnatari  di  apposita  concessione  rilasciata  dal
Ministro dello sviluppo economico. 
    Pertanto, l'art. 11, comma 2, cit.,  deve  ritenersi  illegittimo
nella  misura  in  cui  prevede  un  regime  differente   da   quello
individuato a  livello  statale  per  l'esercizio  dell'attivita'  di
distribuzione. 
    Si segnala, inoltre, che il medesimo comma 2, presenta  ulteriori
profili di illegittimita' nella misura in cui stabilisce  che  «(...)
il costo all'utente del kWh [...] e'  ottenuto  esclusivamente  sulla
base del costo di ammortamento degli impianti (per anni non inferiori
a 25), del costo  di  gestione  e  del  costo  di  manutenzione».  La
disposizione, infatti, eccede la competenza della regione in  materia
di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», di
cui all'art. 117, comma 3, della Costituzione, e cio'  per  contrasto
con  la  normativa  statale  di  principio  di  cui  le  disposizioni
contenute nel decreto legislativo n. 79/1999 e delle disposizioni  di
cui alla legge n. 481/1995 - legge 14 novembre 1995, n. 481,  recante
«Norme per la concorrenza e la regolazione dei  servizi  di  pubblica
utilita'. Istituzione delle Autorita' di regolazione dei  servizi  di
pubblica utilita'». 
    Piu' in particolare, rileva la  previsione  di  cui  all'art.  2,
comma 12, lettera e), della citata legge  n.  481/1995,  secondo  cui
l'Autorita' «stabilisce e aggiorna, in  relazione  all'andamento  del
mercato, la tariffa  base,  i  parametri  e  gli  altri  elementi  di
riferimento per determinare le tariffe di cui ai commi 17, 18  e  19,
nonche'  le  modalita'  per  il  recupero  dei  costi   eventualmente
sostenuti nell'interesse generale in modo da assicurare la  qualita',
l'efficienza del servizio e l'adeguata diffusione  del  medesimo  sul
territorio  nazionale,  nonche'  la  realizzazione  degli   obiettivi
generali  di  carattere  sociale,  di  tutela  ambientale  e  di  uso
efficiente delle risorse il cui  al  comma  1  dell'art.  1,  tenendo
separato dalla tariffa qualsiasi tributo od onere improprio». 
    Ma vi e' di piu'; infatti, le previsioni di cui all'art. 3, commi
10, 11 e 13, citato decreto legislativo n. 79/1999, stabiliscono  che
il costo del KWh deve essere determinato tenendo  conto  degli  oneri
generali afferenti al sistema elettrico ivi inclusi, tra  gli  altri,
gli  oneri  concernenti  le  attivita'  di  ricerca  e  le  attivita'
necessarie  allo  smantellamento   delle   centrali   elettronucleari
dismesse.  Tali  oneri  sono  periodicamente  aggiornati  secondo  le
valutazioni  dell'Autorita'  per  l'energia  elettrica  e   il   gas.
Pertanto, e' palese la violazione della normativa statale  interposta
nella misura in cui la disposizione regionale in esame non  richiama,
ai fini della determinazione del  costo  «all'utente  del  kWh»,  gli
oneri di  sistema.  Inoltre,  a  ben  vedere,  la  stessa  previsione
regionale lede le competenze dell'Autorita' per  l'energia  elettrica
ed il gas in materia di determinazione ed aggiornamento delle tariffe
elettriche. Alla luce di quanto piu' sopra  esposto  e  sulla  scorta
della  giurisprudenza  costituzionale  richiamata,  si  ritiene   che
sussistano  fondati  motivi   per   proporre   l'impugnazione   delle
disposizioni sopra indicate della legge Regione Campania  n.  1/2013,
ai sensi dell'art. 127, comma 1, Cost. 
    E sempre alla stregua di quanto sopra evidenziato si confida  che
codesta    Ecc.ma    Corte    costituzionale    vorra'     dichiarare
l'illegittimita' costituzionale  delle  disposizioni  sopra  indicate
della legge della Regione Campania n. 1 del 18 febbraio 2013.